Booking Pharma http://www.bookingpharma.it La salute è il tuo bene più prezioso. Sat, 23 Mar 2019 13:50:50 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.1.4 109546722 Dolore pelvico cronico, l’indirizzo è giusto? http://www.bookingpharma.it/dolore-pelvico-cronico-lindirizzo-e-giusto/ http://www.bookingpharma.it/dolore-pelvico-cronico-lindirizzo-e-giusto/#respond Tue, 05 Apr 2016 12:00:41 +0000 http://www.bookingpharma.it/?p=599 “Ogni qualvolta una teoria ti sembra l’unica possibile, prendilo come un segno che non hai capito né la teoria né il problema che si intendeva risolvere.”

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“Ogni qualvolta una teoria ti sembra l’unica possibile, prendilo  come un segno che non hai capito né la teoria né il problema che si intendeva risolvere.”

 

KARL RAIMUND POPPER

La logica della scoperta scientifica (1970)

 

Esiste un’espressione inglese, “you’re barking up the wrong tree”, (letteralmente “stai abbaiando all’albero sbagliato”) per esprimere l’idea che qualcuno si stia rivolgendo in una determinata circostanza alla persona o alla cosa sbagliata. Ecco, tale espressione idiomatica si adatta perfettamente nel caso del dolore pelvico cronico (DPC), sia esso maschile o femminile, in quanto per lungo tempo ogni clinico o figura professionale che si sia occupato di DPC ha affrontato tale problema con le armi a propria disposizione ed entro una cornice intellettuale e culturale per lui famigliare. Così il ginecologo è andato alla ricerca di focolai di endometriosi sparsi per la pelvi, l’urologo ha concentrato la propria attenzione sulla prostata o sui segni e sintomi clinici della cistite interstiziale, il chirurgo proctologo o il gastroenterologo ha focalizzato il proprio interesse sul colon irritabile e così via. Bisogna ammettere che questo approccio fondato sul punto di vista dello specialista che affronta in quel particolare momento il paziente e sulla focalizzazione viscerale come possibile se non unica causa del dolore non ha sortito nella grande maggioranza dei casi risultati clinici apprezzabili e duraturi costringendo i pazienti ad estenuanti pellegrinaggi medici in cerca della soluzione miracolosa che potesse cancellare la loro sofferenza. Si, parliamo di sofferenza perché il DPC rappresenta davvero una sindrome dolorosa talora insopportabile con gravi ripercussioni alla vita personale dei pazienti, sul piano sociale, lavorativo, affettivo e sessuale.

L’atteggiamento prevalente, almeno fino a pochi anni fa, in coloro che si occupavano a partenza da varie discipline di DPC mi ha ricordato la vicenda dell’uomo ubriaco che cerca di notte le chiavi di casa sotto la luce di un lampione. Un passante gli chiede se è sicuro di aver perso le chiavi proprio in quel posto e l’ubriaco risponde:<< no, ma qui ci vedo!>> Ogni specialista, anche se verosimilmente non ubriaco, ha affrontato questa tipologia di pazienti, molto variegata e complessa sul piano clinico, come l’uomo che cercava le chiavi sotto la rassicurante luce di un lampione, cioè all’interno di una propria conoscenza già consolidata e se il risultato clinico non era conforme alle aspettative dello specialista il paziente veniva indirizzato verso altri specialisti, non esclusi gli psichiatri in quanto talora al paziente veniva fatto capire, a volte senza molto delicatezza, che il dolore era semplicemente nella sua testa. E’ significativo che David Wise, psicologo, e Rodney Anderson, urologo, entrambi californiani, abbiano scritto insieme un testo fondamentale per un nuovo approccio al DPC intitolandolo “A Headache in the Pelvis” in riferimento ad una espressione di un loro paziente che per esprimere la propria sofferenza aveva proprio così descritto il dolore che lo affliggeva, “un mal di testa nella pelvi.”

Uno psicologo e un urologo che scrivono insieme un libro per trattare il DPC? Voi direte che sono le solite “americanate”, che si tratta con ogni probabilità di due medici “freak”, eredi nostalgici degli hippy della West Coast e della Summer of Love del 1967, magari praticanti in qualche strana e non meglio identificata clinica sulle spiagge assolate della California, tra una cavalcata tra le onde con il surf e barbecue con prosperose ragazze in bikini sulla spiaggia. Non è proprio così. Rodney Anderson è uno dei più importanti studiosi mondiali di urologia funzionale ed è docente universitario e il dottor David Wise ha trascorso otto anni a Stanford per studiare il DPC. Anderson e Wise hanno sviluppato la loro collaborazione e il loro protocollo per il trattamento del DPC alla Stanford University, uno dei più prestigiosi atenei degli Stati Uniti e il centro di Stanford, National Center for Pelvic Pain Research, è diventato un punto di riferimento mondiale per i pazienti affetti da DPC. Un cambio di paradigma culturale nell’approccio al DPC? Direi proprio di sì e decisamente necessario visti i deludenti risultati ottenuti fino ad oggi in questo complesso campo medico. Bisognerebbe far tesoro delle parole che il professor John Keating, interpretato dal compianto Robin Williams ne “L’attimo fuggente” disse salendo sui banchi dell’aula davanti ai suoi attoniti studenti << è proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un’altra prospettiva.>>

Ogni medico nella propria vita professionale avrà a che fare con il dolore e il dolore  richiede una spiegazione e, possibilmente, un trattamento adeguato. Non è un caso che già Ippocrate (o Galeno secondo alcuni) affermò a proposito del dolore: “divinum est sedare dolorem”, “è proprio degli dei lenire il dolore” e non è un caso neanche che il termine “palliativo” derivi da pallium, mantello, che i pellegrini utilizzavano come protezione durante i loro viaggi verso i santuari e i luoghi di culto.

La caratteristica principale del DPC, oltre alla sua complessità, è la sua discrepanza tra entità del dolore e significatività del quadro clinico. Nella maggior parte dei casi a fronte di sindromi dolorose manifeste maledettamente concrete sta un’evidenza clinica sfumata, una diagnostica spesso non conclusiva e un trattamento spesso deludente. Tutti abbiamo provato dolore in qualche momento della nostra vita, dall’emicrania al mal di denti, da un trauma contusivo che ci ha ridotto un ginocchio come un melone al dolore acuto di un attacco di appendicite. Ma in questi casi, se si escludono le crisi emicraniche persistenti e ricorrenti affini in qualche modo al DPC, il nesso tra dolore, evidenza clinica e possibilità di terapia è piuttosto semplice da stabilire e in un certo modo conforta chi ne soffre perché intravvede una causa e una possibilità di cura. Il DPC non è così, il DPC, una volta manifestatosi, sfugge per definizione allo stabilirsi di una correlazione di causa-effetto lasciando spesso il paziente e il curante nell’incertezza delle cause e nella frustrazione di cure non risolutive.

Il linguaggio stesso e la terminologia con i quali definiamo il DPC sono significativi. Non molto tempo fa per indicare la focalizzazione viscerale del DPC noi urologi definivamo la prostatite cronica abatterica (III tipo nella classificazione precedente). Ma se non vi sono batteri e si è visto che curando la prostata con ripetuti cicli di antibiotico non si ottengono risultati, perché continuare a chiamarla prostatite abatterica. Negli Stati Uniti il termine è stato infatti ridefinito in “sindrome del dolore pelvico cronico” (CPPS) proprio a sottolineare il cambiamento di paradigma nella comprensione del DPC e il passaggio ad una visione prostatocentrica del DPC ad una visione più ampia che comprende un quadro clinico molto più complesso e che vede la prostata come possibile iniziale focolaio scatenante per poi lasciare il posto alla vera sindrome del dolore pelvico cronico, completamente resistente agli antibiotici e ai metodi di cura tradizionali.

Lo stesso è accaduto con la cistite interstiziale che per decenni ha dominato le ricerche sul DPC ed ha condizionato nella diagnostica e nella terapia gli urologi che si sono occupati di essa. Anche in questo caso l’attenzione si è spostata dalla viscere (la vescica) al pavimento pelvico in complesso, in tutte le sue componenti muscoloscheletriche, tendinee e neurali. Così oggi si parla di “sindrome della vescica dolorosa” e la cistite interstiziale viene considerata solo il possibile primum movens del DPC. Allo stesso modo l’urotelio che riveste la vescica, vista fino a non molto tempo fa come un serbatoio passivo ed inerte, viene ad assurgere a protagonista di complessi fenomeni di flogosi neuromediata (potrebbe essere chiamato “neuro-urotelio”) che, come nel caso del DPC, spostano il baricentro del DPC dai visceri alla rete nervosa e alla componente muscolare stabilendo un permanente stato di tensione muscolare pelvica (miopatia tensiva del pavimento pelvico) e la condizione neurologica di dolore neuropatico che centralizza e sensibilizza il sistema nervoso periferico e centrale dagli organi pelvici alla rete neurale. In tutti questi casi il dolore è la malattia!

Quello che vorrei dire e sottolineare è che l’atteggiamento degli specialisti coinvolti nel DPC hanno agito in una cornice culturale che li ha portati a vedere il DPC, soprattutto nelle fasi più avanzate, come un dolore paragonabile alla condizione di dolore nocicettivo nel quale allo stimolo algogeno corrisponde una risposta motoria. Il DPC è un dolore neuropatico che è diventato indipendente dall’iniziale stimolo algogeno (prostatite, cistite, infezione delle vie urinarie) e ha sensibilizzato la rete neurale pelvica e i centri nervosi soprastanti in modo importante agendo come in ogni dolore neuropatico anche sulla componente emozionale e di memoria dei nuclei nervosi centrali.

Chiudo qui questi primi accenni sul DPC avendo voluto sottolineare la necessità dell’adozione di un’altra prospettiva da parte di chi si occupa di DPC. I risultati ottenuti con l’approccio monodisciplinare e una terapia singola sono stati deludenti. Il fatto che uno specialista non risolva un sintomo o un dolore persistente non deve portare alla delegittimazione del paziente come testimone della propria sofferenza anzi, se mai, lo deve condurre a rivedere i propri concetti e le proprie convinzioni sul tema in questione. Nella seconda parte dell’articolo parlerò più concretamente sulla diagnostica e sulla terapia del DPC alla luce di questa nuova prospettiva.

 

Carlo Calcagno, specialista in urologia

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Dalla scimmia all’uomo, i miracolosi trapianti del professor Voronoff http://www.bookingpharma.it/dalla-scimmia-alluomo-i-miracolosi-trapianti-del-professor-voronoff/ http://www.bookingpharma.it/dalla-scimmia-alluomo-i-miracolosi-trapianti-del-professor-voronoff/#respond Tue, 05 Apr 2016 12:00:29 +0000 http://www.bookingpharma.it/?p=596 L'interessantissima storia del Professor Voronoff, un uomo in anticipo sui tempi, uno scienziato ed un uomo di cultura che ha segnato un'epoca.

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L’interessantissima storia del Professor Voronoff, un uomo in anticipo sui tempi, uno scienziato ed un uomo di cultura che ha segnato un’epoca.

Dal punto di vista scientifico ma anche culturale.
A cura del Dott. Carlo Calcagno

 

Si dice che il professor Voronoff  negli ultimi anni della sua vita si macerasse nel dubbio che i pazienti da lui sottoposti a trapianti di testicoli ottenuti dalle scimmie, avessero potuto contrarre la sifilide.
Quando allora nel 1999 apparve sulla prestigiosa rivista Nature un articolo che ipotizzava l’ingresso nella razza umana del virus correlato all’AIDS proprio attraverso la commistione ematica legata ai trapianti eseguiti da Voronoff negli anni trenta, la tomba della sezione russa del cimitero Caucade a Nizza dove il medico russo è sepolto dal settembre 1951 ebbe forse più di un sussulto.
Come un bambino ebreo nato in uno sperduto villaggio nella Russia meridionale possa essere diventato il mago dei trapianti e la star sia pure molto discussa di convegni medici a livello internazionale, il pioniere di una chirurgia fantascientifica e l’interprete disinvolto e spregiudicato dello spirito di un tempo inquieto e l’ alfiere di una società desiderosa di giovinezza e di longevità dopo i disastri e gli orrori della Prima Guerra Mondiale è quesito difficile da affrontare e bisogna entrare nella complessa biografia del professor Serge Voronoff e inserirla nel contesto della società occidentale negli anni venti.
Voronoff infatti non fu solo un eccellente chirurgo ma, attraverso le sue teorie biologiche sui processi di invecchiamento, incarnò il desiderio innato dell’uomo di ringiovanimento associato indissolubilmente al timore della vecchiaia e della morte e divenne il simbolo del vigore riconquistato e del desiderio sessuale inesauribile.
Chi era in realtà Serge Samuel Abrahamovitch Voronoff. Voronoff nacque in una famiglia ebrea in un villaggio presso Voronej, città della Russia meridionale a 900 chilometri da Mosca e ai confini con l’Ucraina, verosimilmente il 3 Luglio 1866. Tale data si deduce dal giorno della circoncisione di Voronoff, 10 Luglio 1866, avvenuta nella sinagoga locale e rigorosamente eseguita all’ottavo giorno della nascita secondo la tradizione ebraica.
Nel 1881 lo zar Alessandro II viene assassinato e gli succede il figlio, Alessandro III che accusò da subito gli ebrei dell’omicidio del padre. Cominciò l’epoca dei pogrom antisemiti che portarono alla persecuzione e all’uccisione di numerosi ebrei. Voronoff, diventato nel frattempo amico di Arkadi Rachmaninov, cadetto del collegio militare, venne trovato in possesso di pubblicazioni proibite dalla censura dell’epoca, arrestato e condannato a quindici giorni di carcere. La sua condanna di sovversivo e la sua appartenenza alla stirpe ebraica ne facevano un individuo incompatibile con la Russia di quei tempi e, grazie alle possibilità della sua famiglia, fu mandato in Francia dove Voronoff  venne naturalizzato cittadino francese e cominciò a studiare medicina a Parigi.

(1) Nella capitale francese Voronoff si specializzò in Ginecologia e divenne assistente del professor Jules Emile Pean,celebre chirurgo dell’ospedale Saint Louis.
In questa epoca venne a conoscenza dei trapianti di organo su animali eseguiti da Alexis Carrel, brillante chirurgo di Lione e futuro premio Nobel per la medicina nel 1912, e sulle sue ricerche sui processi di senescenza cellulare e ciò spinse Voronoff sulla strada dei trapianti di organo e dello studio dei processi di invecchiamento. Voronoff, brillante medico ed avviato ad una prestigiosa carriera chirurgica a fianco del grande Pean, fu inseguito però ancora una volta dalle sue origini ebree e, dopo il 22 Dicembre 1894 quando il consiglio di guerra francese condannò il capitano Dreyfuss, venne convocato dallo stesso Pean nel proprio appartamento. Qui, il grande barone francese della chirurgia convinse Voronoff che, nonostante il suo indiscusso talento chirurgico, non avrebbe mai fatto carriera a Parigi per le sue origini straniere e per il fatto, soprattutto, di essere ebreo. Pean convinse il giovane assistente a trasferirsi armi e bagagli in Egitto dove, a suo dire, vi era un brillante futuro ad attenderlo.
Voronoff nel gennaio 1896 partì per l’Egitto dal porto di Marsiglia e cominciò a modificare, per nascondere le sue origini, il suo nome sulle pubblicazioni e sui libri firmandosi solo come Serge Voronoff (2). Il khedivè Abbas Hilmi conferì all’allora trentenne Voronoff il ruolo di plenipotenziario della sanità egiziana. In poco tempo Voronoff riorganizzò gli ospedali egiziani, formò una valida classe medica ed organizzò il Congresso egiziano sulle malattie tropicali rivelatosi un successo internazionale.
Fu chirurgo di corte per dieci anni dal 1900 al 1910, presidente della Facoltà di medicina, Presidente dell’Accademia di Medicina e Editore della stampa medica egiziana.
A quell’epoca risalgono le prime osservazioni di Voronoff sul precoce invecchiamento degli eunuchi di corte attribuito dal chirurgo russo alla soppressione della stimolazione gonadale.

Scrive Voronoff: <<Un giorno durante il mio soggiorno al Cairo nel 1909, il medico del khedivè, egiziano con grande cultura, mi disse che il capo eunuco del palazzo era appena morto…Improvvisamente un pensiero irruppe nella mia mente; fui consapevole che la senescenza prematura degli eunuchi, e la loro morte in un periodo in cui un uomo normale conserva inalterato il proprio vigore, dovevano essere in relazione con la rimozione dei loro testicoli. Non erano allora queste ghiandole la fonte della nostra energia vitale?>>(3)

 

Dopo 14 anni di soggiorno egiziano venne il tempo per Voronoff di tornare in Francia dove proseguì i suoi studi sui trapianti sugli animali e il 12 giugno 1920 Voronoff eseguì finalmente il primo trapianto di gonade di scimmia in un uomo.

L’attività del chirurgo russo-francese divenne frenetica e si divise tra Parigi dove occupava, circondato da uno stuolo di assistenti e segretari, un intero piano di uno dei più lussuosi alberghi della capitale agli Champs Elysees e Grimaldi, un piccolo borgo nell’estremo ponente ligure dove acquistò una sontuosa villa sul mare e che divenne una sorta di casa-laboratorio e nell’immaginario locale divenne il “castello Voronoff”. Qui infatti Voronoff, nel vasto giardino  si faceva trasportare le scimmie dall’Africa e le allevava in enormi gabbie portando avanti le sue ricerche scientifiche
La figura di Voronoff fu sempre circondata dalla perplessità e dalle critiche della comunità scientifica che non perdeva occasione per screditare il chirurgo russo.
Nell’ottobre 1922, al XXXI Congresso francese di Chirurgia tenuto a Parigi, poco dopo mezzogiorno è prevista l’attesissima relazione del professor Voronoff.
L’anfiteatro della facoltà di medicina è stracolmo come sempre accade quando parla il professore russo.
Il presidente di turno del convegno Hartmann, in nome della vecchia scuola chirurgica, ha aperto il congresso con una relazione polemica verso i chirurghi che si dedicano alla biologia e alla fisiologia anziché rivolgere i loro interessi all’anatomia chirurgica.
L’ambiente divenne ancora più caldo e l’aspettativa sull’intervento di Voronoff spasmodica. Il genio dei trapianti, elegante come sempre, salì sul palco nel silenzio più assoluto tenendo in mano i fogli della sua relazione e cominciò: <<Messieurs…>> Voronoff venne interrotto subito dal presidente Hartmann. Riporto quello che accadde subito dopo con le parole tratte dalla biografia dedicata a Voronoff dallo scrittore francese Jean Real: << Signori, signori! Il nostro collega deve fare una comunicazione; ma siamo sufficientemente informati attraverso l’articolo apparso stamattina su un giornale. Mi appello al regolamento della nostra assemblea che specifica che tutte le comunicazioni già conosciute al pubblico non possono essere fatte in questa sede. Proibisco quindi al dottor Voronoff di parlare>>. Voronoff replicò: << Signori, vi do la mia parola d’onore che non so niente della pubblicazione di una notizia  sul Chicago Tribune. Non l’ho ancora letta ma so che si tratta di poche righe. Essa non può in nessun modo sostituire la comunicazione attraverso la quale conto di mettervi al corrente degli ultimi tre anni dei miei lavori>>. Hartmann rispose: <<Il regolamento è il regolamento..e ad esso mi attengo. La mia decisione è presa. Vi tolgo la parola. Vi spiegherete davanti al comitato.>> Voronoff comunicò, scendendo visibilmente contrariato dal palco degli oratori, che avrebbe esposto i suoi risultati al Parco dei Principi due giorni dopo.

Tra il pubblico era presente anche sir Arthur Evelyn Liardet, funzionario in pensione dell’armata inglese dell’India, che, sottoposto a trapianto di un testicolo di babbuino all’età di 75 anni, era giunto dall’Inghilterra per testimoniare con la sua presenza e le sue parole l’efficacia dell’intervento di Voronoff). Il 6 ottobre Voronoff spedì la lettera di dimissione dall’Associazione Francese di Chirurgia.

Due giorni dopo, Voronoff sui prati del Bois de Boulogne, accanto a lui Arthur Liardet e gli animali da lui operati, espose i risultati delle sue ricerche attraverso un proiettore e uno schermo dove mostrò con molteplici filmati e fotografie i pazienti da lui operati prima e dopo l’intervento e fece parlare Liardet, immortalato mentre, ringiovanito dal trapianto, tira di scherma.
Ma molti chirurghi in tutto il mondo invidiavano lo straordinario successo (e l’immensa ricchezza) di Voronoff e si chiedevano se le sue teorie di fossero davvero così fantasiose. 
Allora iniziarono a trapiantare testicoli di scimmia a cominciare da uno dei fratelli di Voronoff, Georges, medico anch’esso che eseguì 340 trapianti. Anche diversi chirurghi italiani eseguirono il miracoloso trapianto di Voronoff, come Pettinari a Milano, che scrisse anche la prefazione ad un libro di Voronoff, “Combattere la vecchiaia” edito in Italia nel 1948 da Hoepli, Marro e Micheli a Torino, Cervelli a Roma (4).
Ma la figura di Voronoff, autentica star mediatica del tempo, sconfinò dal piano scientifico per entrare prepotentemente in quello sociale e culturale dell’epoca grazie anche alla figura personale e alla vita stessa del grande chirurgo che fu al centro di pettegolezzi, invidie e maldicenze. Al centro della vita della migliore società parigina, fu accreditato come amante della pittrice Tamara de Limpicka e divenne un personaggio da rotocalco e protagonista dei chansonnier di Montmartre. Sposato per tre volte la seconda delle quali nel 1920 con una miliardaria americana, Evelyn Bostwick, tossicomane la quale morì l’anno successivo in circostanze misteriose e che scatenarono sul chirurgo polemiche e sospetti  lasciando Voronoff ancora più ricco.
Il terzo matrimonio, contratto a 68 anni nel 1934, con la bellissima e giovanissima Gertrude Schwartz ventuno anni, detta Gerthy, forse figlia illegittima del re Carol di Romania avuta dall’amante Madame Lupescu, scatenò la curiosità dei giornali dell’epoca e la strana coppia costituì un’attrazione per ogni paese dove Voronoff si recava per conferenze e trapianti rigeneranti su richiesta di miliardari, come cantava il poeta E. Cummings “famous doctor  who inserts monkey glands in millionaires” o di personaggi importanti come il leader turco Mustafa Kemal Ataturk, il poeta belga Maurice Maeterlinck e il pittore americano Irving Bacon. La villa di Grimaldi fu frequentata da personaggi famosi come la cantante lirica Lily Pons.

Voronoff amava la bella vita, viaggiava in Rolls Royce con autista e a Grimaldi era alla ricerca costante di pesce e di aragoste per i suoi ospiti. Ma Voronoff era anche molto generoso. A Grimaldi versava ogni anno 3000 lire alla società di mutuo soccorso locale.
Al primo gennaio di ogni anno saliva al paese e offriva nei locali della società a tutti i ragazzi con meno di 14 anni una cena sontuosa e un regalo. Il fratello Alessandro gestiva l’amministrazione della villa-laboratorio a Grimaldi e si racconta che ogni mattina alle 10 si sedesse nel parco e regalasse una moneta da 10 lire a tutti quelli che si presentavano senza far loro alcuna domanda.

Voronoff finanziò anche la comunità ebrea dell’estremo ponente ligure negli anni del regime di Mussolini ed aiutò gli ebrei locali costretti dalle leggi razziali a scappare nella vicina Costa Azzurra.
Sembra che la vasta proprietà di Voronoff a Grimaldi fosse divisa tra il territorio italiano e quello francese e fu proprio attraverso un ingresso secondario in territorio francese che Voronoff fece raggiungere la Francia a centinaia di ebrei

Serge Voronoff fu personaggio a tutto tondo per tutta la sua lunga vita e divenne bersaglio inevitabile della critica scientifica e protagonista della satira del tempo. Scrive Ugo Ojetti in “Cose viste” a proposito di una conferenza tenuta da Voronoff nel 1923 a Firenze: <<A chi assomiglia Sergio Voronoff?…Voronoff è un mago, anzi Mefistofele in persona, chè solo la barbetta a freccia gli manca. Certo s’è ben nascosto dietro la sua scienza, il suo abito da diplomatico e i suoi gesti da ecclesiastico. Ma la sua stessa modestia di scienziato che niente osa affermare senza le prove dovute, ogni minuto manda faville diaboliche. Le corna dei suoi negri caproni ch’egli fa vivere oltre i limiti comandati dalla natura, l’orgoglio faustiano che vedi scintillare negli occhi dei suoi ringiovaniti, quelle mani, quella fronte, quel melato sorriso: come mai a questi attributi non lo riconoscono tutti, i dottissimi che l’acclamano? Irving Berlin, ebreo russo come Voronoff e famosissimo compositore di canzoni come  “White Christmas” e “God bless America”, scrisse la canzone “Monkey-Doodle-Do, cantata nel film dei fratelli Marx “The coconuts” e che conteneva il ritornello:<<If you’re too old for dancing/Get yourself a monkey gland”. Quando Voronoff nel 1928 andò in Brasile per un ciclo di conferenze e per eseguire, come abbiamo visto, i suoi discussi trapianti, ispirò canti di Carnevale e storie satiriche. L’umorista  Mendes Fradique combinò un fotomontaggio in cui Voronoff si trovava in una gabbia alla mercè di uno scimpanzé e  gli dedicò anche un libro, O Doutor Voronoff, in cui lo descrive come Voronoff appariva veramente nell’immaginario collettivo del tempo, a metà tra Mefistofele e un ciarlatano, “il mago della vita”, trapianti sospesi tra il divino e il diabolico.

 

Serge Voronoff morì a Losanna il 1° settembre 1951 in seguito ad una rovinosa caduta avvenuta nel bagno della suite di un Grand Hotel nella serata dell’8 agosto. Egli portò con sé per sempre il mistero di una vita straordinaria e inimitabile. Per la maggior parte della comunità scientifica fu uno scienziato spregiudicato che non si fece scrupolo di utilizzare tecniche sperimentali ai confini della fantascienza; per molte persone rappresentò il deus ex machina del proprio ringiovanimento anche se, come ebbe a sottolineare nel 1944 Morris Fishbein editore del Journal of the American Medical Association,

<<Sfortunatamente coloro i quali desideravano il ringiovanimento, dovevano fare i conti con la smodata volontà di crederci>>  Ma Voronoff causò anche contenziosi legali davvero bizzarri quando una compagnia di assicurazioni ungherese rifiutò di pagare la pensione asserendo che l’assicurato, una volta “ringiovanito”dal trapianto, non era più da considerare un vecchio debilitato. A Grimaldi, dove una strada del piccolo paese è a lui dedicata, via Woronoff con la doppia W iniziale forse perché suonava più straniero, Voronoff è ancora ricordato come un grande benefattore e uomo generoso che aiutò molti ebrei negli anni bui della dittatura fascista e numerose sono le testimonianze della sua munificenza. 
Gli abitanti di Grimaldi conservano ancora, ingiallite dal tempo, le foto di Teodoro e Nora, i suoi scimpanzé preferiti.

BIBLIOGRAFIA

 

1)            J. Real: Voronoff. Stock 2001, pp. 38-40

2)            J. Real: Voronoff. Stock 2001, pp. 56

3)            S. Voronoff: Dal cretino al genio. Edizioni Melquiades

4)            J. Real: Voronoff. Stock 2001, pp. 273

5)            Enzo Barnabà: Il sogno dell’eterna giovinezza, Infinito Edizioni 2014

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